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Immagine del redattoregiulia ceccarani

Casa

(Lettera a Luna)






Nella nicchia dove ora c'è un muro, prima c'era una porta finestra.

Lì feci una foto con mio padre davanti all'albero di Natale.

La sala è il luogo del cuore più di tutte le altre stanze.

In questo spazio ci sono i pranzi di famiglia, eventi rari e cadenzati dalle feste comandate. Siamo sempre stati una famiglia piccola, ora ancor di più.

Ricordo le stampe di Botero, i compleanni, le pulizie della domenica, gli allenamenti per le gare di ginnastica ritmica e una notte molto bella.

Stavamo ristrutturando le due camere e così mettemmo entrambi i letti in sala e dormimmo accampati.

Ho ancora in mente la sensazione di straordinarietà.

L'arredamento di tutta casa non è mai cambiato, ho solo aggiunto cose, ma la sua essenza è rimasta intatta.

La cucina è stata la nostra, poi di mia nonna e alla fine la mia.

Da piccola prendevo dal frigo le sottilette, le facevo a pezzi e poi le appiccicavo sullo schienale della sedia. Chissà perché!?

In questa cucina ho disegnato tanto mentre mia madre stirava, poi ricordo che arrivava la sera e prima di cena c'era "vita da strega" che vedevamo tutti insieme.

Uno di quei momenti che non baratterei con niente.

Mentre ti racconto mi emoziono perché come dici tu, la vita piccola è la cosa più grande che ci si porta dietro e sono grata per questo, per essere cresciuta in una famiglia difficile per la sua intimità troppo nascosta, ma che comunque mi ha amata nel miglior modo possibile.

La parte delle camere è quella meno vissuta.

Per me la notte era pesante.

In cameretta c'era lo specchio con Charlie Chaplin che mi faceva paura a tal punto che crescendo è stato sostituito con i poster di Leonardo Di Caprio e Brad Pitt.

Dalle finestre di entrambe le stanze ho passato le ore a guardare questo ragazzo biondo, più grande di me di qualche anno che ha occupato i pensieri dai nove ai tredici anni.

Nel 2013 mi sono trasferita nuovamente qui e dopo un anno di diffidenza con la solitudine, che ho cercato in tutti i modi di fugare, ho iniziato a guardare questo luogo con altri occhi.

Questa è una casa che ha accolto i compleanni della mia migliore amica, una casa dove ho cenato milioni di volte con mio fratello acquisito restando in silenzio durante i periodi più dolorosi e ridendo nei momenti più leggeri.

Cambio disposizione dei divani perché non ho pace e perché vorrei ristrutturarla.

Durante la quarantena ho rimesso a posto la terrazza della cucina che è diventata un rifugio nel rifugio.

Quando presi la decisione di trasferirmi in Dolomiti a novembre del 2016, lo feci insieme a questo compagno che viveva già su e la metabolizzai durante uno dei viaggi di ritorno.

La sera che varcai la soglia di casa, feci un giro con un rispetto e una delicatezza che non mi sarei aspettata. L'ho ringraziata quella notte. Sentivo una pace nel lasciarla che era rassicurante. Mi addormentai piangendo di gioia. Ricordo anche che il trasloco fu motivo di litigio con lui che nel voler fare tutto in fretta non mi stava dando tempo di "salutarla" di nuovo e io volevo farlo perché immaginavo che non sarei tornata, che l'avrei affittata, che il suo futuro non sarebbe stato con me.

Quando sono venuta nuovamente a Terni, entrando mi sono sentita al sicuro, tornavo da lavoro tutti i giorni alle quattro di pomeriggio e ogni volta era come spegnere la spina, sapere di avera una zona neutra, il "buon gioco tocco tacco" dalla vita fuori.

Era, tutt’ora lo è, un sollievo sapere di avere un posto esclusivo.

Quando entrano persone mai state qui e varcano la soglia osservo come si muovono nello spazio perché è un po' come muoversi dentro di me.



Giulia

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