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Capitolo 6 - Candelora

Immagine del redattore: giulia ceccaranigiulia ceccarani


2 febbraio ore 11:45, bar della stazione di Terni.

Prima volta dopo tempo che prendo il treno da sola.


Sintomatologia:

Trepidazione, 

stomaco chiuso, 

paura, 

ricerca di una scusa plausibile per non partire, 

ricerca di una scusa plausibile per farmi accompagnare a Roma con la macchina,

ricerca con lo sguardo di conoscenti per fare il viaggio insieme in treno,  

disperazione perché non stavo trovando nessuno,

ascensore per il patibolo.


Pensieri felici:

Il workshop di Isidro Ferrer che valeva più di tutta la sintomatologia.


Mantra:

È difficile ma posso farcela.


Saluto Valerio come se partissi per andare sulla luna (cosa che non farei nemmeno se fossi obbligata) e salgo sul treno con tutte le valigie: quelle fisiche e quelle mentali.

Cerco facce amiche, mi siedo sul primo posto libero e davanti a me trovo la mimica stitica di una persona che non ha fatto il minimo movimento; mi chiedo se sia troppo faticoso sorridere.

Il treno parte, a Narni chiamo Valerio e gli dico che non ce la faccio. 

Lui mi sprona almeno ad arrivare fino a Nera Montoro. 


Mentre lo chiamo a intermittenza, cambio posto e mi siedo vicino a un trio di donne alle prese con il TFA. Parlano di scuola, corsi e graduatorie con una confidenza tale da presupporre un’amicizia che vada oltre il corso seguito. 

Sono solari, loquaci e questo mi permette di lasciarmi dietro tutte le stazioni che precedono Roma Termini.


Arrivo, ce l’avevo fatta.

Un viaggio di un'ora e qualche minuto conquistato con grande orgoglio. 


Era il giorno della Candelora.

Me l’ha ricordato Michela in un messaggio.


 
 
 

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