
2 febbraio ore 11:45, bar della stazione di Terni.
Prima volta dopo tempo che prendo il treno da sola.
Sintomatologia:
Trepidazione,
stomaco chiuso,
paura,
ricerca di una scusa plausibile per non partire,
ricerca di una scusa plausibile per farmi accompagnare a Roma con la macchina,
ricerca con lo sguardo di conoscenti per fare il viaggio insieme in treno,
disperazione perché non stavo trovando nessuno,
ascensore per il patibolo.
Pensieri felici:
Il workshop di Isidro Ferrer che valeva più di tutta la sintomatologia.
Mantra:
È difficile ma posso farcela.
Saluto Valerio come se partissi per andare sulla luna (cosa che non farei nemmeno se fossi obbligata) e salgo sul treno con tutte le valigie: quelle fisiche e quelle mentali.
Cerco facce amiche, mi siedo sul primo posto libero e davanti a me trovo la mimica stitica di una persona che non ha fatto il minimo movimento; mi chiedo se sia troppo faticoso sorridere.
Il treno parte, a Narni chiamo Valerio e gli dico che non ce la faccio.
Lui mi sprona almeno ad arrivare fino a Nera Montoro.
Mentre lo chiamo a intermittenza, cambio posto e mi siedo vicino a un trio di donne alle prese con il TFA. Parlano di scuola, corsi e graduatorie con una confidenza tale da presupporre un’amicizia che vada oltre il corso seguito.
Sono solari, loquaci e questo mi permette di lasciarmi dietro tutte le stazioni che precedono Roma Termini.
Arrivo, ce l’avevo fatta.
Un viaggio di un'ora e qualche minuto conquistato con grande orgoglio.
Era il giorno della Candelora.
Me l’ha ricordato Michela in un messaggio.
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