
La seconda volta che siamo andati a Venezia ci siamo restati un fine settimana.
Sia io che Valerio eravamo stati selezionati a un concorso d’arte contemporanea e ci eravamo detti di andare per l’inaugurazione.
Le cose che ci sono piaciute di quella gita:
La nebbia fitta come la nebbia,
Lo studio di Violatipia,
La ravioleria Venezia,
La libreria Sulla luna,
La mattinata passata alla Fondazione Peggy Guggenheim,
Il libro “Disobbedite con generosità” di Cheap Festival, rivelatosi ancora di salvezza e bussola.
Una lettura che ha generato spunti di riflessione rispetto a dove ci vorremmo collocare in un ambito sempre più ovattato e consumato (del resto come ogni cosa) mantenendo comunque uno spirito nomade.
A cosa è servita questa gita:
Abbiamo capito che alcune dimensioni non fanno per noi.
Tornati da Venezia, due giorni dopo siamo andati al compleanno di zio Ivano.
L’appuntamento era in locale a ridosso del centro, era un martedì, accusavamo entrambi il fine settimana passato e in più Pina Piera una delle due gatte di casa, al ritorno l’avevo trovata peggiorata.
Aveva avuto un primo ictus un anno prima e mi sarei dovuta preparare a continue recidive che da rare sarebbero diventate sempre più frequenti, fino alla sua dipartita.
Il compleanno però è stato un momento piacevole, un tempo capace di sospendere i pensieri.
Mangiata la torta e salutato tutti sono andata a casa sognando una tisana.
Seduta sul divano, tra una gatta agitata e l’altra moribonda, aspettando che il bollitore facesse il suo lavoro, ho controllato il telefono.
Vado su Facebook e noto che nella casella dei messaggi ce n’era uno non letto.
Clicco per aprire, vedo il nome del mittente e stupita leggo il messaggio.
Lo rileggo una seconda volta.
Chiamo Valerio nonostante fosse tardi.
Gli racconto cosa c’era scritto riportando qui solo i saluti:
“...Grazie Giulia, ti scrivo prestissimo”.
Nel tardo pomeriggio avevo comprato un'uniforme da judoka, senza cinta.
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