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Capitolo 9 - Mondobosco

Immagine del redattore: giulia ceccaranigiulia ceccarani


Chthlucene di Donna Haraway è un “saggio” che dopo averlo letto si è intrufolato nella classifica dei 10 libri del cuore.

In questo libro la filosofa, insieme a tanti altri e altre teoriche, ci prende per mano e tramite la Fabula Speculativa, ci fa vedere la possibilità di un mondo che non può rinnegare il passato, né può ripartire da zero. Ci propone una sopravvivenza in un luogo infetto generando parentele altre, aprendo possibilità, per noi dal pensiero antropocentrico, inizialmente impensabili e invece necessarie.


Nel capitolo “I bambini del compost” Donna Haraway racconta della sua partecipazione al workshop di scrittura “Narration Speculative” tenuto nel 2013 da Isabelle Stengers a Cerisy in Normandia.

Il compito dei gruppi era quello di immaginare un neonato e fargli attraversare cinque generazioni umane. Nasce così Camille.

La prima vede la luce nel 2025, la quinta, l’ultima, muore nel 2425 (in questo arco temporale la nostra specie, dopo un picco di 11 miliardi, si riduce a 3)


Riporto una parte del testo “...I bambini del compost” ci insegnano che dobbiamo scrivere storie per vivere vite orientate alla prosperità e all’abbondanza, soprattutto nella tragedia dell’impoverimento e della distruzione selvaggia. Anna Tsing ci sprona a imparare << le arti di vivere in un pianeta danneggiato>> e tra queste arti c’è la capacità di re-immaginare la ricchezza, di apprendere la guarigione pratica anziché perseguire l’idea di integrità e di cucire insieme collaborazioni improbabili senza preoccuparsi troppo dei tipi ontologici convenzionali. Le storie di Camille sono un invito a partecipare a un tipo di narrativa di genere che vuole rafforzare nuovi modi di proporre futuri prossimi, futuri possibili e presenti poco plausibili ma reali”.


La prima volta che l’ho letto ci ho pensato per giorni e giorni. 

La sensazione che mi aveva lasciato era contrastante, ero infastidita e affascinata.

 

Grazie alla fabula speculativa, gli scenari vengono addolciti e c’è la possibilità di comprendere punti di vista altri senza una chiusura stringente, perché mentre si legge, ci si ripete che è solo una favola. 


In effetti lei dice “...Le storie delle Camille sono un invito a partecipare a un tipo di narrativa di genere che vuole rafforzare nuovi modi di proporre futuri prossimi, futuri possibili e presenti poco plausibili ma reali. Ogni storia di Camille che scrivo sarà sempre macchiata di errori politici ed ecologici disastrosi, e ogni storia chiede ai lettori di esercitare il proprio sospetto impelagandosi nell’invenzione di un arrogante nidiata di Bambini Compost. I lettori di fantascienza sono abituati alle arti vivaci e irriverenti della fan fiction. Elaborati archi narrativi e mondi complessi  nutrono trasformazioni mutanti o estensioni affettuose ma perverse”.


Una favola però che rimane nella testa e che alla fine vorresti accadesse. 

Per sovvertire il sistema, per rompere le strutture e spostare l’uomo in un posto diverso da dove è stato fino ad adesso. Non al centro, di lato. 


E invece lei mischia tutto allo scopo di preservare quel poco di puro rimasto in terra,  per immaginare altre ere completamente diverse da come siamo abituati oggi a vivere.


Con tutte queste riflessioni in testa, a febbraio, prendo la carta cotone, raccolgo la carta velina e la colla e inizio a immaginare gli amici di Camille.


 
 
 

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