
Insieme a Valerio sono andata a Venezia per 36 ore.
In quella toccata e fuga, siamo andati a trovare Carlo Scarpa alla Fondazione Querini Stampalia e per la prima volta abbiamo fatto un giro alla Libreria Acqua Alta.
In mezzo alla folla, mentre osservavo i gatti e i piccioni dividersi lo spazio esterno, mi cade l'occhio su un libro.
Formato quadrato, sulla copertina c’è la foto di un uomo che attraversa un tappeto di piccole sculture in ferro dalle forme geometriche. Sotto la foto c’è scritto Lappas.
Acquisto il libro e scopro così l’esistenza di George Lappas, un artista egiziano meraviglioso che entra a far parte del mio bagaglio di riferimenti artistici.
Quello che avevo preso era il catalogo della Biennale di San Paolo del 1987 dove aveva presentato il suo progetto chiamato “Mappemonde”.
Arrivata nuovamente a Terni ripongo il libro nello studio tornando alla solita quotidianità fortunatamente rotta dalla notizia che il primo weekend di febbraio sarebbe venuto Isidro Ferrer a Roma per il workshop “Il libro degli altri”.
Nel frattempo il progetto sui confini, grazie al racconto di Simona, aveva preso forma.
Avevo scritto il testo, l’avevo diviso in paragrafi e in una manciata di giorni, chiusa nello studio, avevo realizzato uno storyboard di quattordici tavole, libera dall’ansia dell’errore perché in fondo erano solo bozze che avrei definito successivamente e soprattutto, un lavoro che non aveva commissioni, se non la mia.
Felice del risultato lo avevo appeso al muro per lasciarlo respirare.
Lappas controllava tutto dallo scaffale della libreria.
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