Una storia d'amore e karma
Ogni mattina ricordo della sfortuna che da diversi anni si è accanita su di me.
La sveglia è il dolore, il rumore del metallo che copre parte del viso e la bocca sempre asciutta.
Ho il volto sfigurato, le mascelle di un coccodrillo, lo sguardo da iena e rifletto come un catarifrangente.
Vorrei chiudermi in camera e uscire solo quando sarà finito questo incubo, ma non posso.
Quando esco per andare a scuola, cammino a testa bassa perché non voglio guardare nessuno.
Stare in mezzo alla gente è drammatico perché tutti mi prendono in giro.
In classe sono da sola all’ultimo banco e vicino a me c’è solo il termosifone al quale ho dato un nome: Ottone.
Perché sto in questa condizione?
Bella domanda.
I miei genitori hanno deciso di mettermi nelle mani di questa tizia decisamente pazza e loro lo sono ancora di più perché si fidano degli esperimenti che lei fa su di me.
Ebbene sì, sono il giocattolo della signora che chiamo Paglia, per via dei suoi capelli ispidi e gialli come le balle di fieno, i suoi occhi fuori dalle orbite e quell’alito pesantissimo che respiro tutte le volte che si avvicina per capire cosa potrebbe fare per divertirsi.
Una volta, sdraiata sul lettino, tentò di soffocarmi con un materiale simile al gesso.
Piansi in silenzio per tutto il tempo.
Per non bastare ieri sono uscita dalla sua stanza e nell’altra sala ho incontrato un compagno di classe. Lui del metallo nemmeno l’ombra, aveva il classico sguardo impaurito e ovviamente per la vergogna non mi ha salutato.
Questa mattina però, sono entrata in classe e nel banco libero vicino al mio c’era proprio lui, avvicinandomi con circospezione pensavo che volesse fare uno scherzo e invece ha sorriso.
Paglia ha messo l’apparecchio anche a lui!
Giulia
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